Cos’è la libertà? Me lo sono chiesto prima che si “chiudesse per mancanza di senso civico”, prima del “tutto chiuso per aver lasciato tutto aperto senza freni”, prima che il dominio e la scelleratezza del “nun me ‘mporta, non me passa manco pa’ capa!” ci costringesse tutti a misure più estreme per sperare di limitare i danni da Covid.
Quale idea di libertà abbiamo passato alle nuove generazioni, quale ne hanno percepito dal nostro stile di vita se a Napoli, ma altrove non di meno, l’allegra adunata dei senza pudore, dei senza regole, dei senza compassione per il dolore degli altri si è impadronita di questo tempo, massacrando ancor di più, se mai fosse stato possibile immaginarlo, il senso di comunità, l’orgoglio di appartenenza che non può, qui da noi, esaltarsi solo quando segna la squadra del cuore? Della libertà tanti hanno scritto: filosofi, uomini di cultura, di azione, politici, teologi, santi, e ovviamente molti hanno tentato di dare la propria interpretazione. Tanti hanno lottato per la propria autonomia di pensiero, di decisione, di scelta, tanti hanno consegnato la loro vita e, nello stesso tempo, hanno compreso in quella lotta che c’è una relazione profonda tra essere libero ed essere vivo, ma vivo davvero. La legge direbbe che la libertà, dal punto di vista giuridico, è la capacità dell’uomo di autodeterminarsi decidendo del proprio destino.
A condizione, però, che non limiti e non ostacoli la libertà altrui. Non c’è contraddizione tra autonomia e limitazione se sussiste la reciprocità, altrimenti la libertà di alcuni “contro” altri è sopruso fino a diventare abuso, angheria, ingiustizia, prepotenza, prevaricazione, sopraffazione. I ragazzi da branco non sono diversi dagli adulti da sballo, da quelli generati da irrefrenabile orgia di malacreanza. La sola legge rispettata già basterebbe ma è difficile farla accettare se non sarà culturalmente gridata e un sindaco o un governatore non sono più decisivi per una sana vita di comunità di quanto non lo siano il padre e la madre, il prete o il maestro. La crisi di questi giorni, squallido aggravarsi del virus della strafottenza nasce per la debolezza della politica e l’incapacità degli amministratori, ma di più per il fallimento valoriale del patto educativo.
Il virus sta uccidendo, sta ammalando, sta facendo soffrire, sta provocando una crisi economica senza precedenti, piuttosto sta soffocando gli ultimi bagliori di libertà e per quanto mi riguarda una vita senza libertà, dialogo con la reciprocità, accettazione della diversità, compassione della sofferenza, ascolto della differenza, bellezza della varietà non è vita, non può essere chiamata vita. Un uomo vero è un uomo libero. Un uomo libero è un uomo davvero vivo. Un uomo vivo è un uomo assolutamente capace di dialogare con la differenza degli altri suoi uguali, incontrarsi, scontrarsi ma rispettandosi.
Siamo ad una svolta storica costretti dalla pandemia a fare i conti con le nostre paure, le nostre ansie, soprattutto con la nostra incapacità del saper vivere insieme. Dall’altra parte dell’oceano Biden nel suo progetto di nuova presidenza inserisce una parola rivoluzionaria, “cura”, e si dice pronto a curare quel grande paese non solo dal virus ma dalla sclerosi della convivenza civile. La stessa parola dovrebbe provocare in chi sta aspettando che passi la nottata, che la guerra finisca, un desiderio irrefrenabile di pura libertà, che la libertà curata ritorni al centro delle nostre attese, dei nostri sogni. Ogni guerra oltre la pace si augura ricostruzione.
Non sarà il prossimo sindaco di Napoli, chiunque sia, a poterla realizzare per la città, non sarà il governo o la regione da sola a poterla favorire, la legge scritta non basta, le buone intenzioni ancora meno. Una città anemica di libertà, prigioniera di sé stessa, deve poter ristrutturarsi dalle sue fondamenta per rilanciare l’educazione alla città, alla comunità, alla vita d’insieme, alle regole di appartenenza, al senso civico dello stare insieme. La casa comune si è ammalata, non sta più in piedi. Troppi hanno giocato allo sfascio. La natura si è ribellata. Non c’è più tempo. Non ce n’è per tutti anche per chi sembra non se ne sia accorto.
*Gennaro Matino, teologo, scrittore, docente di teologia pastorale e parroco a Napoli
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