Che senso ha nella pacifica New York, il 27 gennaio, andare a leggere i nomi degli oltre 8000 deportati ebrei italiani nei campi di sterminio nazisti davanti al consolato italiano su Park Avenue?
O partecipare a una delle diverse iniziative culturali in programma a Manhattan nei prossimi giorni? Il valore di questa Giornata della Memoria, approvata nel 2000 dal parlamento italiano e poi nel 2005 dalle Nazioni Unite e via via da decine di altri paesi è quello di farci riflettere sul passato, sullo sterminio del popolo ebraico ad opera dei nazisti e in genere su cosa il nazismo e il fascismo sia stato, ma anche quello di pensare al nostro presente e al nostro futuro.
Nella legge approvata si legge che “La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. E ancora si dice che le celebrazioni vengono fatte “in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere””.
Si ricordano le vittime, quindi, e anche i pochi che li hanno aiutati e difesi. Ma sara’ bene anche ricordare i collaboratori e le spie, quelli che nell’Italia del 1943 hanno fatto arrestare i loro vicini per prendere una “taglia” sugli ebrei. Per molti anni di tutto questo, in Italia e nel resto dell’Europa, si e’ parlato relativamente poco come se si potesse voltare pagina senza riflettere, senza fermarsi, e come se fosse possibile dimenticare le connivenze, i silenzi.
“Auschwitz” ha scritto Mirco Dondi “ è arrivata anche perché migliaia di persone che sapevano si sono rifiutate di porsi il problema della loro responsabilità. Quanti complici, che non hanno ucciso, hanno però permesso che il sistema dell’annientamento funzionasse. Comprendere questi aspetti significa trovare gli elementi per costruire il nostro domani”.
Questa giornata è quindi anche l’occasione per riflettere su cosa siamo oggi, su come la liberta’ che troppo spesso diamo per scontata, sia stata conquistata a duro prezzo di vite umane. E su come senza conoscenza della storia recente, e senza vigilanza sul valore della democrazia e della liberta’ la storia potrebbe anche ripetersi. E i genocidi, con caratteristiche diverse e in paesi diversi, sono avvenuti anche in anni recenti.
Molte domande non hanno e non avranno mai risposte chiare e univoche, nemmeno per gli storici, ma nondimeno tocca porsele: chi furono i collaboratori dei nazisti in Italia e all’estero? Chi approvò leggi, come quelle razziali contro gli ebrei approvate in Italia nel 1938, che fecero degli ebrei italiani dei cittadini di seconda classe molto prima delle deportazioni avvenute a partire dall’ottobre del 1943? Ma di tutto questo cosa ricordiamo oggi?
La Memoria in questione non è quella delle vittime, o perlomeno non solo quella loro. I sopravvissuti non possono dimenticare, e certo non hanno bisogno di una speciale ricorrenza per ricordare. Come figlio di un sopravvissuto italiano ad Auschwitz, arrestato da italiani nella Firenze del 1943, anche a me non servono date speciali. La Memoria, in questo caso, è soprattutto quella di tutti gli altri. Di chi non era ancora nato, di chi è figlio dei pochi eroici civili che si sono adoperati per salvare vite umane, dei milioni di “spettatori dello sterminio” che non hanno voluto o potuto fare niente per bloccare quello che avveniva o forse anche dei figli degli aguzzini.
Quando il 17 gennaio del 1945 i militari dell’Armata Rossa liberarono il campo di sterminio di Auschwitz lo spettacolo che si trovarono davanti ai loro occhi era talmente spettrale e apocalittico che quasi certamente non si posero molte domande.
Yakov Vincenko un soldato semplice dell’Armata rossa che ha aperto i cancelli di Auschwitz ricorda: “Nemmeno noi che abbiamo visto ci volevamo credere. Ho sperato per anni di riuscire a dimenticare, poi ho capito che sarebbe stato da complice, da colpevole. Così adesso ricordo, anche se non sono riuscito ancora a comprendere”.