È un Roberto Saviano ferito, ma ancora combattivo quello che, sabato mattina, si è presentato allo Zuccotti Park di New York per portare il proprio sostegno agli occupanti di Wall Street. La brusca fine dell’esperienza in Rai (la televisione di Stato italiana) e la chiusura dello show di approfondimento “Vieni via con me”, condotto dall’autore di Gomorra insieme al celebre anchorman Fabio Fazio, è ancora una ferita aperta. Il programma era, infatti, tra i più seguiti della passata stagione televisiva e c’è chi ha visto nella sua chiusura un preciso progetto politico volto a censurare le voci dell’opposizione.
Proprio da quello spazio mediatico la coppia Fazio-Saviano si era, infatti, distinta per un’aspra critica all’operato del governo Berlusconi. Ora che quella stagione politica è finita Saviano si dice più fiducioso, ma anche cauto nel manifestare le proprie speranze di rinnovamento. Ai giornalisti che lo incalzano risponde: “Staremo a vedere”. Troppi gli smottamenti dell’opinione pubblica italiana, troppe le divisioni, le rivalità anche in seno all’opposizione. “Credo che in Italia – continua l’autore di Gomorra – la paura principale sia quella di farsi ascoltare ragionando”. Esattamente il contrario di ciò che sta accadendo, oggi, a New York. “In Occupy Wall Street io vedo una capacità di tenere insieme il molteplice che a noi manca”. Da qui la decisione di unirsi, anche se solo per un giorno, alla protesta degli indignados.
“Sono venuto da voi – dice Saviano – per sentirmi meno solo”. La folla ricambia con un fragoroso applauso. “Voi non siete contro le regole, ma per le regole. La vostra protesta non intende minare l’economia, ma proteggerla”. La vera minaccia, per lo scrittore napoletano, è rappresentata dall’infiltrazione della malavita organizzata all’interno delle maggiori economie mondiali.
“Oggi – dice – la recessione globale sembra l’unico tema di dibattito, ma vi siete mai chiesti quale economia non è affetta dalla crisi? La risposta è l’economia criminale. I profitti accumulati dal crimine globale hanno raggiunto negli ultimi anni i mille miliardi di dollari, cifra superiore ai budget di centocinquanta paesi dell’Onu. Il 10% del prodotto interno lordo mondiale finisce, così, nelle tasche di organizzazioni malavitose.
Le mafie si arricchiscono perché possono contare su enormi capitali da investire e riciclare in un momento in cui nessuno ne ha”. La voce di Saviano rimbomba per la piazza, amplificata dal cosiddetto megafono umano. Ogni frase viene ripetuta ad alta voce dagli spettatori più vicini affinché possa essere ascoltata anche da chi si trova alle estremità. E così tutti parlano con una sola voce: “Qui a Zuccotti Park si lotta per impedire al crimine organizzato di imporre le proprie regole”. Regole e codici di comportamento che rappresentano l’esatta negazione della società civile.
Ciò che bisogna impedire è, secondo Saviano, che il cinismo prevalga sulla correttezza che, che la furbizia prevalga sull’intelligente o che l’omertà prevalga sulla voce. “Nell’Italia in cui sono cresciuto – conclude l’autore di Gomorra – ci si immaginava l’America come un paese in cui il talento e il duro lavoro fossero sufficienti a garantire a ognuno la sicurezza di trovare il proprio posto nel mondo. Questo era il sogno americano, ma oggi non è più così. Se, oggi, guardate all’Italia, potreste intravedere il vostro futuro. Per non aver investito nel talento il mio paese si è trasformato in un posto in cui non è più possibile realizzarsi e l’unica possibilità è tornata ad essere l’emigrazione”.
Si conclude, così, un discorso durato sedici intensi minuti. Saviano scende dal basamento in pietra dal quale aveva parlato e si dirige verso il World Trade Center. Gli spettatori lo inseguono per decine di metri. Un passante, incuriosito, domanda chi si sia quel ragazzo che si trascina dietro fotografi e televisioni. Qulacuno gli risponde: “Saviano, the italian writer”.
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