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Lo incontriamo nella hall del Roosevelt Hotel. Nell’albergo degli anni venti, restaurato una decina di anni fa, si respira l’estate, soprattutto turismo, vacanza, sicuramente molto poco della New York frenetica. E si presenta puntuale in un’elegante tenuta da turista, scarpe per camminare molto e pantaloni rossi.
Una parte della giornata che abbiamo concordato per incontrarci ha deciso di dedicarla soprattutto ai musei. Ma Antonio Bettanini, non è venuto negli USA solo per svago. Il Consigliere per il coordinamento della Comunicazione Pubblica del Ministero degli Affari Esteri [3]metterà a punto, nel corso del suo viaggio, anche importanti iniziative.
Genovese, un vero gentleman, discreto, arguto e pungente, riflette con noi sulla comunicazione pubblica della Farnesina. Ci sono, nelle sue parole, anche delle critiche a nostro avviso interessanti e costruttive.
E comincia subito così:
“Si parla molto di comunicazione esterna oggi, ma in Italia tutto si complica. Infatti da noi questa dovrebbe appoggiarsi prima di tutto su di un grande lavoro di comunicazione interna ancora in parte da svolgere.
Poi la verità è che, per una serie di ragioni storiche e culturali, politiche, lunghe da analizzare, ci troviamo di fronte ad una situazione in cui l’identità a cui dovremmo fare riferimento è ancora relativamente debole.
Il sentimento di appartenenza si percepisce in maniera molto più forte fuori dall’Italia. L’immagine del nostro Paese osservata dall’esterno è più intensa di quella che si ha osservandola dal di dentro.”
L’uomo-comunicazione del ministro degli Esteri entra subito in merito:
"Solo in anni recenti sono andati all’onore della cronaca desideri come quello del Presidente della Repubblica di cantare l’inno nazionale. Per non parlare del tricolore.
Queste sono cose ovvie in altri Paesi ma in Italia stentano ancora ad affermarsi. Lasciamo da parte l’analisi dei motivi, sarebbe troppo lunga. Dico questo perchè, non da solo, mi sono posto il problema di come comunicare all’estero un’Italia che - pur mantenendo le coordinate caratteristche di quel giacimento culturale, serbatoio di storia, pur conservando aspetti che ne hanno caratterizzato l’immagine a partire dagli anni ‘80 - ha bisogno di portare avanti un discorso nuovo. Di rivitalizzare un’immagine che rimane rivolta al passato, legata a certi marchi stereotipati. Il celebrato Made in Italy, per quanto sempre importante, deve essere affiancato alla costruzione di un’immagine che abbia come traguardo il futuro…”
E Bettanini ammette: “Non ho una risposta su quali possano essere i fattori di una nuova immagine dell’Italia. Ci dobbiamo lavorare e sicuramente un elemento importante che dovremmo valorizzare è legato ad un ‘popolo’ che nel mondo si fa ambasciatore del nostro Paese. I moltissimi uomini e donne che compongono le tante missioni in cui l’Italia è impeganta all’estero. Persone dedite alla cooperazione, alla difesa della pace e alla costruzione delle istituzioni, in tantissime aeree di crisi”.
Accanto a questo, perchè non appaia solo come un discorso di eroismo sia pure della vita quotidiana, dovremmo far svolgere un lavoro molto raffinato sul cosiddetto Made in Italy. Sono convinto che l’innovazione e talento facciano parte di un fiume carsico che prosegue, e senza offesa per nessuno, non c’è solo Ferrari a dare immagine.
Ci sono alcuni settori che vanno potenziati ulteriormente, mi riferisco per esempio al cibo e ai vini poco conosciuti e alle molte nuove regioni italiane che si sono affacciate alla produzione . Non ci sono insomma solo: Toscana e Piemonte.”
Riflettiamo insieme su come la promozione risulti spesso dispersiva, mentre sarebbe importantissimo, soprattutto in un momento di crisi come questo, mettere a regime tutti i soggetti e gli attori del sistema Italia.
“Infatti questo lavoro ancora non è compiuto. Ho visto troppo spesso una presenza disordinata, anche con investimenti grandi, indirizzata purtroppo a pubblici sbagliati. Ma l’esigenza di coordinamento sta crescendo ed è chiara.
Ci sono certo, per esempio, alcune decisioni di carattare amministrativo o politico che sicuramente vanno in quesa direzione. Come l’accordo per un coordinamento tra Ministero degli Affari Esteri – Regioni.
Abbiamo anche promosso un coordinamento più strutturato tra ministeri degli Esteri, dei Beni Culturali e del Commercio con l’Estero, in modo da avere un board comune che decida periodicamente su quali grandi eventi puntare. Questo per concentare le risorse, razionalizzare e migliorare l’impegno. Stiamo operando per portare a sistema un modo di agire troppo sparso e disordinato ed in qualche caso veramente poco attento alla qualità.”
E cosa pensa Bettanini dell’immagine che in Italia si ha degli italiani all’estero? Cosa torna in nel nostro Paese? “ La mia sensazione è che venga coltivata a volte un’idea sbagliata della nostra immigrazione, dell’Italia all’estero. Questa è molto più strutturata, integrata, meno nostalgica, anche se ha e mantiene un sano legame con la Patria.”
Bettanini è a New York per preparare alcuni eventi a cui sta lavorando da tempo, legati alla settimana dell’Assemblea Generale dell’Onu. Diverse sono le iniziative di carattere culturale...
“Certo, tra queste vi è la presentazione di un libro sul G8. Un contributo italiano per futuro del mondo che verrà legato all’attività di Public Diplomacy. Lo presentiamo con un’edizione in lingua inglese, introdotta dall”ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata.
Porteremo anche un libro fotografico sul G8 di Trieste e l’Aquila. Vorremmo poi lanciare, per il prossimo anno, un premio internazionale per i giornalisti impegnati in teatri di crisi. Ospitato in Italia ma con una guiria, una location e un motore a New York.
Poi in programma c’è un’iniziativa per conoscere la storia della presenza italiana in Afghanistan e Pakistan. Fin dagli anni ‘50 abbiamo realizzato missioni culturali, antropologiche, archeologiche, turistiche. Questo per dire a tutti che noi siamo ritornati. Siamo ancora lì. Anche in un teatro di crisi.
Abbiamo prodotto un dvd con il giornalista Duilio Giammaria del tg1. Vorremo portare una mostra dedicata agli italiani lì in quegli anni, coordiandoci con le istituzioni americane.
Spingo molto su questo anche se ci sono difficoltà. Ci tengo perchè è un modo per dimostrare che la presenza italiana in quelle aeree - a maggior ragione oggi in cui la politica americana è più incentrata sul versante della cultura e socità civile - può essere utile e valorizzata. Il nostro passato dimostra la necessità che anche l’Italia partecipi.”
L’attività di Bettanini è molto legata alla vita poltica di Franco Frattini. Ha cominciato però con Claudio Martelli, attraversando anche periodi difficili e controversi della storia italiana. “Frattini lavorava con lui come consigliere giuridico, poi ha avuto la sua chance e mi ha chiamato. Ho cominciato in un modo diverso. Con una persona diversa, ma una storia personale simile, perchè mi piaceva la comunicazione e la politica. Ai tempi di Martelli era una politica militante con Frattini direi di no. Mi sono occupato soprattutto del versante istituzionale”.
Laureato in Filosofia, docente universitario, giornalista, ha ricoperto più volte l'incarico di addetto stampa per ministeri e presidenza del consiglio, coordinato relazioni con i media. Ha maturato anche esperienze di comunicazione in numerose campagne per aziende private e più recentemente ha curato la comunicazione integrata di Piaggio Aero Industries.
La sua esperienza con aziende private si sente anche quando parla del suo lavoro attuale. Fa la differenza ed è sicuramente un punto di forza.
“Io mi sono mosso tenendo come riferimento un modello organizzativo da grande impresa privata. Dunque comunicazione coordinata ed integrata, dove tutti i segmenti in qualche modo vengono coordinati da un responsabile.
Il Ministero degli Esteri però conserva gelosamente il posto di responsabile del servizio stampa per un diplomatico di carriera. Così fare il consigliere per la comunicazione, lavorare sul coordiamento della comuncazione non è sempre facile.
In questa chiave organizzativa avevo contribuito a lanciare una direttiva, firmata da Frattini, quando eravano insieme alla funzione publica. Devo dire però quelle degli Esteri e della Difesa sono due amministrazioni che ‘non ci stanno’ facilmente …”
E qualche sassolino dalla scarpa se lo toglie.
“Al MAE c’è ancora un settore informatico staccato da quello della comunicazione… è strano. C’è un ufficio che si chiama ‘servizio stampa’ che dimostra ancora la sua archeologia nella sua etichetta. Ma sono ottimista.
Si sta lavorando, costruendo per esempio un’attività multimediale all’interno di questo ufficio. Hanno realizzato degli spot interessanti. Se ne occupa sapientemente Enrico Vattani. Il video ‘Viaggiare sicuri’ è un stato buon prodotto.
Video "Viaggiare sicuri" realizzato dal Ministero degli Affari Esteri
Il sito web poi è migliorato molto. Abbiamo una sezione per i giornalisti. Occorre ancora un grande coordinamento, e stiamo lavorando in questa direzione. Con la Cooperazione allo Sviluppo abbiamo realizzato recentemente una bella iniziativa per il Giro d’Italia. Ogni giorno in televisione è stata raccontata una best practice della nostra cooperazione.”
E torniamo così, dopo aver effettuato un percorso quasi circolare, all’inzio della nostra conversazione. All’esigenza ancora forte di migliorare la comunicazione interna:
“Ma bisogna partire dalla comunicazione interna. A volte non siamo ancora in grando di valorizzare come si deve le cose che realizziamo.
Quando uno parla di comunicazione interna a volte la gente si mette a sbadigliare. Ma è l’ABC. E se io non so chi sono, non mi posso raccontare.”
Ma la resistenza che incontra è di natura pratica, culturale, o economica?
“Un po’ tutto. Relativamente economica. Il nostro vantaggio rispetto ad una grande impresa privata, è che abbiamo un valore, un significativo istituzionale che ci consente di fare alcune cose al meglio. La benzina nel motore dobbiamo metterla noi, certo. Ma se a volte non abbiamo pronti i contenuti, la benzina appunto …
A volte non ci raccontiamo neanche sul nostro sito… Addirittura fino a poco tempo fa non si pubblicava lì un’intervista realizzata da un giornale perchè non era ‘istituzionale’… Abbiamo un servizio stampa 24 ore su 24, tutta la setttimana, ma sabato e domenica non posso implementare la home page perchè non è previsto. Questo pur avendo persone che lavorano sui media. C’è ancora rigidità.”
Critiche dunque, ma anche apprezzamenti. Ombre sicuramente, ma anche luci.
“Ci sono moltissimi giovani diplomatici. Bravissimi, capiscono e sono versati per queste attività di comunicazione. Il lavoro da fare alla fine è tantissimo. Dico loro ‘Siate felici, perchè se fossero tutti bravi non ci sarebbe bisogno di noi...’.
Questo è un lavoro che mi piace e lo faccio con grande passione. Non credo di essere sempre amato al Ministero degli Esteri, in qualche caso sono stato temuto ingiustamente, ma nessuno può dire che non abbia una grande passione per conto dall’Amministrazione. Sono convinto che se lavoro bene per l’Amministrazione svolgo un ottimo servizio anche alla persona per cui lavoro.
Questo anche quando uso twitter. [4] Lo faccio spesso, e magari a qualcuno non piace un mezzo così informale di comunicazione…’”
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[1] http://440468.6bgr9ubv.asia/files/foreignaffairs1251786274jpg
[2] http://www.i-italy.org/node/10624
[3] http://www.esteri.it
[4] http://twitter.com/