L'arrivo
Subito a suo agio. Per nulla stanco. Nonostante sia arrivato da Roma solo un paio d’ore prima. Ha accettato con entusiasmo l’idea di venire al Calandra a trovare la redazione di i-Italy. Accompagnato da Natalia Indrini, direttrice del Centro Primo Levi, rimane a parlare per più di tre ore con noi.
Cercheremo di riassumere questa conversazione-intervista molto densa e piena di spunti. Gli abbiamo posto molte domande. Spesso siamo andati liberamente di link in link. Moni Ovadia ha risposto generosamente, con commenti spesso a ruota libera.
Il dovere di lavorare per i giovani
“Io lavoro principalmente per i ragazzi. Ovunque posso vado, nelle scuole, nelle università, nei posti dove so che ci sono giovani energie…oramai la mia generazione è andata.
Quando parlo ad una platea di 400/500 ragazzi c'è sempre un gruppo di una quarantina che si avvicina, mi chiamono, vogliono saperne di piu'. Vale la pena farlo per loro.
Mi è capitato di leggere una definizione: il politoco lavora per la prossima elezione, lo statista per la prossima generazione! Noi dobbiamo comportarci da statisti, dobbiamo lavorare per loro.
Li dobbiamo caricare di entusiasmo per il loro entusiasmo... se troveranno la ‘depressione’ nella loro generazione dovranno superarla loro! Non la possiamo anticipare noi!”
Le donne e un livello di conoscenza più profondo
Davanti a Moni Ovadia siamo prevalentemente donne. Ovadia non può non notarlo “Le donne sono molto più interessate alla realtà che le circonda! Il gene maschile è regressivo, non lo dico con compiacimento, nè con accusa. Le donne hanno un livello di curiosità e tensione intellettuale non paragonabile! Uniscono lo stesso livello di passione e curiosità intellettuale ad un coinvolgimento, alla mozione degli affetti. La cultura diventa vitale, perchè è ad un livello di conoscenza piu profondo. “
Ma il coinvolgimento femminile molte volte viene rimproverato...
“Rispondete così: la Tora indica il rapporto tra uomo e donna con il verbo ‘Da'at’: un rapporto di amore è anche un rapporto di conoscenza, perchè ci si conosce attraverso la relazione affettiva! Altrimenti rischia di essere un rapporto di uso, peggio di sopraffazione, di violenza. Si conosce con ogni fibra del corpo, non solo con la testa, ma con l'erotismo il corpo, la passione... Io mi sono dedicato al teatro perchè è un processo cognitivo che tocca anche le emozioni, i sentimenti ed è una conoscenza che non ti abbandona mai, ma se la si ha solo in testa è inutile!”
Conosciamo Moni Ovadia
Facciamo finta di non saperne nulla di Moni Ovadia. Alcuni nostri lettori sono lontani dalle questioni italiane ed europee. Chi è Moni Ovadia?
“Io sono un italiano anomalo. Ne parlo riferendomi al terreno di cui mi occupo che è la cultura teatrale, scrittura di libri, articoli, attività politica, interventi sociali, etici. Io sostengo di essere vittima dell'antisemitismo non dagli antisemiti classici, ma dagli ebrei basati sul pregiudizio.
Io sono un ebreo bulgaro arrivato in Italia all'età di quattro, ho vissuto l'infanzia nelle periferia di Milano e diviso la mia crescita con siciliani, lucani, pugliesi, con dinamiche di ostilità notevoli. Poi sono stato nella scuola ebraica di Milano. Era cosmopolita, c'era gente di quaranta nazionalità diverse! Mia madre parlava un italiano forbito, con un leggero accento slavo e pirandelliano. E sì, si era innamorata di Pirandello!
Mio padre parlava un italiano da esule, buffo e grottesco che muoveva spesso al riso...di cui poi mi sono innamorato perchè e la lingua dell'esule che parla impropriamente la lingua in cui è entrato.”
Ebreo scomodo e lo stato d’Israele
Perché sei stato definito un ebreo scomodo. Cosa vuol dire?
“Mantengo la mia indipendenza di idèe, non faccio il funzionario di idèe. Né il funzionario di appartenenza a presunta etnia. Sono un ebreo che considera la propria condizione di straniero fondante dell’ebraismo, perchè l'ebreo era schiavo in terra d'Egitto. Gli ebrei sono riusciti a fare quello che hanno fatto perchè hanno avuto una patria mobile che si chiama Torà. L'idea di nazionalismo ebraico è una sorta di ‘Mostruosità bourchesiama’, significherebbe deliberatamente regredire a prima di Abramo!”
Ma l’esistenza di Isdraele è negoziabile?
“L'esistenza di Israele non è negoziabile, il diritto all'esistenza e alla sicurezza sono punti fermi ma gli interrogativi sono: quale è la sicurezza e la resistrenza e quali sono i suoi confini. Israele porta il vanto di essere un Paese democratico. Ma una Nazione che si professa tale non occupa e non tiene in prigione un altro Popolo!
Israele è uno stato laico nato sulla base di una risoluzione dell'Onu, non bisogna utilizzare la Torà per legittimare l'esistenza dello stato di Israele. La risuluzione 181 votata a maggioranza significativa all'Onu - con 33 favorevoli contro 13 e 1 astenuto - , Stalin è stato il vero artefice dell'esistenza dello stato di Israele, c'è su questo argomento un saggio strepitoso di Victor Vietc. Israele è uno stato laico nato sulla base di questo e se vuole quella legittimità deve rispettare la legittimità datagli dall'Onu. Esistono due risoluzioni che vincolano Israele a ritirarsi dalle terre conquistate nel '67.
L'occupazione e colonizzazione delle terre palestinesi sono una vera peste, non solo per i palestinesi,
ma lo sono per Israele stessa!
Per questi pensieri ho ricevuto molte critiche, ma non parlo perchè appartengo ad un partito, perchè voglio sostenere una posizione per ragioni professionali o sono affiliato ad organizzazioni! Sono una persona che pensa e liberamente esprime le sue idèe perchè questo mi ha insegnato l'ebraismo. A dire quello che penso ad assumermi le responsabilita di ciò che dico! La definizione ‘ebreo scomodo’ mi fa molto piacere. Posso sbagliare, è giusto che mi critichino, ma non che mi calunnino!”
Anche Mosè personaggio scomodo
“Nella storia dell'ebraismo tutto è complesso, anche lo stesso Mosè è un personaggio ‘scomodo’, in realtà sono stati ben pochi gli ebrei che lo hanno seguito nella traversata attraverso l'Egitto. Solo un quinto del popolo ebraico, appena una settantina di persone! Essere ebrei significa accettare l'elemento di scomodità con coscienza critica, non ci si può omologare divenendo nazionalisti e dimenticando l'identità ebraica.
Altro elemento di scomodità è la Yiddisha, occupandomi di questa vi ho trovato elementi espressivi, etici e spirituali che vanno bene per un agnostico come me, io non sono credente. Permettono di capire perchè sono stati sterminati gli ebrei dell'est Europa.”
Gli ebrei e la pluri-identità
“Non dobbiamo credere che Hitler avrebbe mosso guerra ad uno Stato armato, con un confine preciso, per sterminare la gente di quello Stato. L'odio era per l'ebreo che riusciva rimanere tale e allo stesso tempo diventare la più alta coscienza del paese. La poesia più famosa e recitata era di Heinrich Heine. La ‘Ballata di Lorelei’ era diventata un vero e proprio canto popolare. Come si faceva a toglierla ai bambini? Rimaneva, ma come appartenente a poeta sconosciuto... E poi Sigmund Freud, Albert Einstein, Marx... Erano tutti ebrei in grado di anticipare la modernità e la post modernità, essere pluri-identitari e diventare la voce migliore del gruppo.
I due personaggi che hanno reso famoso il musical erano tra gli esuli ebrei più celebri, Fread Astaire e Jim Kelly, un calabrese che si chiamava prima Chellini. Anche la campagna del McCartismo era in realtà una campagna contro gli ebrei.”
Valore universale della cultura Yiddish
“Ho avuto fiducia nel valore universale di questo specifico culturale e avevo ragione perchè oggi il mio pubblico è el 98% non ebreo e io sono tra gli artisti che più riempiono i teatri in italia, grazie alla Yiddish. Ho scritto libri, solo grazie alla yiddish, vera cultura di esilio.
Ho posizioni diverse col mio maestro di ebraismo, figlio di due sopravvissuti sostiene che "Noi siamo la diaspora dello stato d'israele". Da grande maestro è finito con l’essere propagandista del sionismo più restrittivo. Io vengo dalla diaspora della distruzione del secondo tempio e non posso accettarlo. Ho pieno rispetto per Israele! Sarei pronto a dare la vita se questa fosse realmente in pericolo, ma non sono disposto a dare un'unghia perchè continui ad occupare i territori Palestinesi! E' un'infamia tenere un popolo in prigione. Io uso la Yiddish per fare un teatro dell'oggi legato ad un progetto di memoria, di esilio, di condizione straniero, di glorificazione dell'umanità fragile.”
L’ironia e l’umorismo ebraico
Un importante elemento nei tuoi spettacoli è l'autoironia…
“Si è il principale strumento anti idolatrico è ridere di se stessi, è la chiave di volta, sicuramente la grande lezione della democrazia britannica, la grande virtù dell'Inghilterra.”
Cosa distingue l'umorismo ebraico?
“La sua origine è molto alta. L'ebraismo ha inventato tutto prima. Non perchè noi siamo più capaci, ma è successo cronologicamente così, sono ‘venuti prima’.
L'annunciazione di Abramo e Sara è prima di quella di Maria. Inizia con tre viandanti che entrano nella tenda di Abramo. Questi sono in realtà arcangeli e annunciano a Sara la gravidanza che genera Isacco. Abramo e Sara ridono divertiti...la traduzione esatta è che si "scompisciano" dalle risate. Almeno Abramo, Sara è più pudica, più restia, ma comunque ride anche lei! Abramo, uomo centenario e Sara, novantenne sterile non credono che il miracolo sia possibile! Quando, dopo i fatitici nove mesi, avviene la nascita, l'Eterno si presenta a loro e gli dice che visto che avevano riso tanto avrebbero, chiamato il figlio ‘Isacco’, che significa colui che riderà.
Dunque l'utopia ebraica di un figlio che nasce in condizioni impossibili, nasce nel contesto del ridere. Abramo accetta che si rida di lui e Sara dice ‘il Signore mi ha fatto un ridere'. Inoltre Isacco deve essere sacrificato, in realtà viene legato all'altare ma non accadrà. Ad Abramo serve per liberarsi della sua possibile idolatria, è bene che venga riportato a modestia.
L'altra cosa è che Abramo con un'operazione umoristica, come un arlecchino della spiritualità, convince il padre a lasciarlo andare. Distrugge gli idoli, tranne uno enorme e il padre lo accusa, giustamente. Si difenderà dicendo che gli idoli si sono fatti ‘la guerra tra di loro’. Nella sua replica parla di una scena orrenda, di essersi nascosto e di essersi chiesto ‘come fa un pezzo di pietra a combinare questo disastro’?
Gli dicono di smetterla di dire tante stupidaggini come fa un pezzo di pietra ad aver fatto ciò? Ma Abramo chiede al padre ‘perchè le tue orecchie non ascoltano ciò che dice la tua bocca! Perchè ti inginocchi davanti ad un pezzo di pietra?’. Abramo attraverso un'arlecchinata capisce la realtà della storia. E' stato lui a dire che che l'idolatria è insensata, Abramo gli ha solo permesso di capirlo! Il Destino ebraico parte da qui e gli ebrei capiscono che è uno strumento poderoso, antiidolatrico.”
Ma l’umorismo è anche un modo di combattere e poi esaltare la condizione di esiliato?
“L'umorismo evidenzia che siamo tutto fragili e goffi, così evitiamo di prendere tutto troppo sul serio e di partire dalla fragilità per edificare la redenzione, e non dalla forza. Questo è il grande antagonismo fra i nazisti e gli ebrei.
L’ebreo è portatore di pensiero e di dialettica, mentre il nazista è come il faraone, è forte quindi si considera l’eletto. Mentre per l’ebreo l’elezione ha origine nella sua condizione sfortunata e distrugge i presupposti di ogni pretesa tirannica per sempre.”
C’è solo uno che può distruggere gli ebrei: l’ebreo stesso
“Hitler lo sapeva molto bene e capiva che finchè non avesse cancellato gli ebrei non ci sarebbe stato nessun altro eletto. Questa è l’immensità del pensiero ebraico, non piegabile. Nessuno può distruggere gli ebrei. C’è solo uno che può distruggere gli ebrei: gli ebrei stessi. Questa è una posizione difficile che ti obbliga alla remise in question, a rimetterti sempre in gioco. Questa è anche una ricchezza, ma necessità di una condizione inquieta. Gli ebrei sono passati tendenzialmente nel campo dei vincitori.”
L’eccellenza ebraica e Gesù
“L’eccellenza ebraica non è genetica, è una condizione esistenziale. Gli ebrei hanno scelto un cammino difficile. Tutto questo gli ha fatto pagare prezzi terribili ma gli ha anche dato dotazioni straordinarie. Per esempio sono stati per millenni l’unico popolo che studiava. Se poi si pensa al contributo ebraico all’umanità non si può ignorare Gesù, che è comunque un ebreo nato in un contesto ebraico. Credo che lui sia sempre stato un ebreo e che non abbia mai nemmeno pensato di diventare altro che quello. Non c’è una frase di Gesù che non ci sia già nella Torà.
Anche ‘porgi l’altra guancia’ è espresso nel Levitico con la frase ‘Se trovi l’asino del tuo nemico smarrito prendilo per la cavezza e riportaglielo’. Quindi il tuo nemico ha la dignità di essere umano. L’amore universale è anche della Torà, non solo del Vangelo come pensano il 90% dei cristiani. Nella Torà è scritto in maniera ancora più incisiva: “Amerai PER il prossimo tuo come PER te stesso”. E poi è scritto “Amerai lo straniero come te stesso”. Dunque l’amore diventa universale. Un altro contributo è la dimensione sabatica, perchè il Sabato abolisce i ruoli e le stratificazioni sociali. Tutti gli uomini diventano uguali davanti al Sabato, quando si celebra lo splendore universale dell’uomo.”
"E in questa sede, anche se in modo diverso, gli italo-americani hanno una responsabilità simile nei confronti degli emigrati di oggi che stanno vivendo una storia del tutto simile alla loro. Responsabilità di ricordare e di far sapere che anche gli italiani d'America all'inizio dello scorso secolo sono stati linciati, emarginati, erano come i negri di allora".
La responsabilità come ebrei verso gli altri
Questo vuol anche dire che la condizione di ebreo comporta anche una grande responsabilità verso il diverso….
“Certo. Infatti come ebreo mi sento responsabile nel battermi per i diritti dei miei fratelli rom e di tutti quelli che vengono oppressi, compresi i lavoratori. Nessuno ha i titoli per creare uno stato di oppressione, che sia grande o piccolo.
Bisogna però stare attenti a definire tali contesti di oppressione. Non si può utilizzare Auschwitz continuamente, è un pericolo enorme. Lo specifico ebraico esiste ma nei lager nazisti sono stati sterminati 13 milioni di persone, di cui 7 non ebrei. Ci sono stati 500.000 rom, antifascisti, omosessuali, menomati, slavi (3 mln). Non si può scotomizzare lo sterminio degli ebrei dall’antifascismo. I nazisti volevano sterminare gli ebrei per il pensiero di libertà che rappresentavano.”
L’israelizzazione della Shoah è un pericolo devastante
“L’antifascista che muore o il rom sono vittime allo stesso modo. Schifani ha detto uscendo da
Auschwitz ‘mi sento israealiano’. Non ha detto: mi sento ebreo, antifascita, menomato, rom. Allora l’israelizzazione della Shoah è un pericolo devastante prima di tutto per gli ebrei. Primo Levi ha scritto ‘se questo è un uomo’ non ‘se questo è un ebreo’. Se la Shoah si identifica con Israele si corre il rischio di sminuire l’universalità di quanto accaduto. Ex fascisti in Italia si accreditano in questo modo per poi massacrare ancora oggi rom ed avere atteggiamenti xenofobi. Fare una cosa del genere è come sputare sul sacrario di Auschwitz. Per questo l’anno prossimo voglio organizzare qualcosa di molto forte per il giorno della memoria. Le critiche dure vanno fatte, perchè sono il vero segno di amicizia e di amore.”
La Pace si fa Mito
Poco tempo fa è stato pubblicato su l’Unità un articolo dal titolo ‘La Pace si fa Mito’. E’ stato scritto in un momento di rabbia?
“Si, per una ragione. Ho un profondo risentimento verso i laboristi, per il Mapai. Ehud Barak a furia di imitare la destra ha fatto peggio di tutti gli altri. Tradendo i suoi valori, svendendoli, non lascia alternative agli israeliani. Esattamente come accade in Italia, per questo ho il dente avvelenato. L’elettorato in Israele è popolare, è viscerale e fragile allo stesso tempo. Se il Mapai abbandona la trattativa con i palestinesi è finita. Avvalerebbe la posizione dei centristi. I laburisti in generale poi non hanno mai interrotto la colonizzazione. La prima dichiarazione di Netanyahu è stata ‘Non una colonia si muove’ senza dire che finita la guerra si sarebbero ritirati dai territori palestinesi. Kadim dice cose diverse, ma bisogna ricordarsi che lui fa parte del partito di Sharon. Sharon si è ritirato da Gaza per un motivo fondamentale: spaccare la comunità palestinese. Ha fatto un ritiro unilaterale non negoziando con Abu Mazen. Se avesse davvero voluto promuovere questa pace tra i due popoli, avrebbe fatto passare il ritiro come merito di Abu Mazen. Questi avrebbe stravinto le elezioni e il processo di pace sarebbe andato avanti. Invece ha permesso ad Hamas di vincere legalmente cosi trovando l’appoggio del popolo. La società palestinese si è spaccata e questo mi fa pensare che non ci sarà in un futuro prevedibile uno Stato Palestinese.”
Da quando lo stato d’assedio non è un atto di guerra?
“Poi Sharon ha chiuso i confini, questo significa mettere in una gabbia. Da quando lo stato d’assedio non è un atto di guerra? E’ vero che Hamas ha fatto più di un errore però li c’è un assedio con la complicità dell’Egitto e della Giordania. Si chiamano moderati quegli Arabi che sono amici degli Americani. Questo è l’unico parametro di moderazione. Da quando in qua Mubarak è democratico? Non esiste la democrazia in Egitto.
Considerato antiamericano, cosi come sono considerato antisraeliano
“Abbiamo molto criticato l’amministrazione Bush e abbiamo esultato per l’elezione di Obama. Sono testimone di un evento epocale. Alla radio di New Republic in Italia ho detto che adesso sarei sceso anche io in piazza a gridare God bless America! Sono cresciuto con la cultura americana, ma non ho mai potuto gridare questa gioia.”
“Io dicevo le stesse cose che diceva Jimmy Carter dell’amministrazione Bush. Però ero considerato antiamericano, cosi come sono considerato antiisraeliano. L’articolo che ho scritto è derivato da una rabbia perchè ora abbiamo una grande opportunità di pace rappresentata da Obama. Israele ha bisogno di uno stato palestinese. Ci sono tre alternative: o uno Stato palestinese, o uno stato binazionale, o l’apartheid. L’Autorità Nazionale palestinese non conta nulla, la condizione palestinese è decisa dagli israeliani.
Fossi palestinese mi pronuncerei non per uno Stato palestinese, ma per far diventare tutti i palestinesi cittadini israeliani. Verrebbe uno Stato bi-nazionale come voleva Arafat. I palestinesi sono l’unica realtà democratica li'. Le elezioni palestinesi e la vittoria di Hamas sono state superlegali. Purtroppo i pacifisti, il partito degli scrittori, non contano nulla. La sinistra pacifista mondiale ha fatto troppi errori, compresa quella israeliana.”
Che rapporto ha Moni Ovadia con gli USA?
“Sono un europeo cresciuto con un rapporto culturale fortissimo con gli USA. Il grande lavoro fatto dal settore musicologico della Library of Congress per me è stato fondamentale. Avendo lavorato con Roberto Levi, per me Lomax era un mito. Alain Lomax ha fatto una campagna di ricerca in Italia per cui ha prodotto 4 dischi per la Columbia che rappresentano qualcosa di enuguagliato. Nel centro sud era con Diego Carpitella e nel centro nord con Roberto Levi. Sono cresciuto con il mito dell’America del New Deal, della cinematografia sociale, del blues. E poi con il grande movimento dei diritti civili. Al Mittlefest sono stato direttore artistico. Cadeva il 14 luglio ed era incentrato sulla Rivoluzione Francese, ma nel momento più tipico ho cantato We Shall Overcome. Quindi è un rapporto organico, di building: tutto quello che io sono è dovuto a quell’America di quel tempo. Ma abbiamo anche vissuto una profonda lacerazione per la guerra del Vietnam.”
Comunisti ed antisemitismo
E’ successo che gli americani considerasser i comunisti antisemiti come i fascisti...
“Si, e questo è strano per un Paese come gli USA, dove il fenomeno del MacCartismo era in realtà una campagna antisemita molto ben camuffata. L’identificazione di ebreo comunista va avanti fino ai ’60. Al John Hopkins, ancora nel ’78, insegnavano che i comunisti mangiavano i bambini. Ho imparato molte cose da William Blum che ha scritto due libri che sono due pietre miliali: ‘Con la scusa della libertà e ‘Il libro nero degli Stati Uniti d’America’. Lui è un cittadino statunitense che ha fatto indagini sulla storia del suo Paese. Ho cercato nei miei spettacoli di fare una differenza tra comunismo sedicente come sistema e i comunisti. Se faccio i nomi di sei comunisti (Antonio Gramsci, Umberto Tarracini, Giorgio Amendola, Enrico Berlinguer, Nilde Iotti, Giorgio Napolitano) chi pensa ai Goulag? Nessuno. Eppure erano dei comunisti.”
Comunismo burocratico e capitalismo
“Come mai il capitalismo si coniuga perfettamente con un comunismo burocratico del tipo cinese? I due sistemi non sono antagonisti. Il capitalismo semplicemente preferisce enfatizzare la libertà. Un ministro del governo Berlusconi, Rotondi –democristiano di destra-, ha detto ad un parlamentare dell’UDC (che voleva inserire il divieto al comunismo nella Costituzione): ‘Non c’è stato un comunismo, ci sono stati molti comunismi. A noi i comunisti hanno riportato democrazia e libertà con i partigiani’. Ci sono stati molti modi per interpretare il comunismo e di viverlo. Non dobbiamo dimenticare che LIFE nel 1942 scrive che Lenin il più grande uomo del ‘900.
Ho fatto uno spettacolo e ho scritto un libro ‘Lavoratori di tutto il mondo ridete’ in cui ne dico di tutti i colori su Stalin e sulle derive comuniste. Ma non mi hanno attaccato i comunisti, ma Galli della Loggia tre volte sul Corriere della Sera. Ed anche il vicedirettore Battista che, non avendo visto lo spettacolo, ha detto che riabilitavo Stalin.
Galli della Loggia diceva che sono un pericoloso comunista. Ho calcato in effetti un po’ la mano per scoprire gli scheletri nell’armadio nell’amministrazione americana.”
Barack Obama, Cristoforo Colombo e Huntington
“Barack Obama risponde ad un’esigenza di riconquista della leadership. I Cinesi stanno diventano una potenza mondiale seguiti dall’India. Secondo me il secolo americano è finito. Gli USA saranno inter pares.
Un giorno deve arrivare una persona che deve avere il coraggio di fare un’analisi approfondita della storia di questo Paese, che si è costruito sulla morte di 15 milioni di nativi. Dobbiamo ricordarci che Cristoforo Colombo è stato un genocida. Bisogna che l’Occidente la smetta di far finta di non aver mai commesso il maggiore crimine della civiltà, il colonialismo con il conseguente schiavismo (che ha causato 50 milioni di morti). Bisognerà attivare questo processo di riconoscimento. Il primo ministro canadese lo ha fatto per i nativi canadesi. L’elezione di Obama in questo senso è solo un epifenomeno. Huntington segnala in un articolo il pericolo che gli USA diventino un Paese bilingue. Perchè pericolo? Monroe non aveva detto che il Sud America è il giardino degli USA nel 1923? Il giardino entra in casa. Poi gli immigrati hanno dato agli USA caratteristiche che ne hanno fatto un grande Paese.”
Onestà intellettuale come dovere. L’ronia
“Obama indica un progresso significativo, un colpo al razzismo enorme. Abbiamo bisogno di grande onestà intellettuale. Quello che stupisce quelli che vengono a vedere i miei spettacoli, anche i conservatori, è che non nascondo nulla delle nefandezze sovietiche. Quando ho saputo che i due eroi della liberazione cambogiana, Pol Pot e Khieu Samphan, avevano sterminato un terzo di quel popolo mi sono giurato che non mi sarei mai più schierato ideologicamente, mai più estremismo. Non si può dire che il ‘crimine di guerra’ di Gaza è simile al campo di concentramento. E’ una situazione molto più simile alla Cecenia. E’ molto importante rispettare i contesti e l’onestà intellettuale. Dico anche: si onorano i 300.000 soldati americani morti in Europa per combattere il nazismo. E tra i 20 e i 27 milioni di soldati sovietici non li onoriamo? Diciamo di Stalin tutto quello che vogliamo, ma non dimentichiamo questi milioni di soldati.”
E ancora torniamo al teatro. Come si può dire tutto questo anche con ironia?
“Passo senza soluzione di continuità dall’umorismo al tragico. Non mi fermo per spiegare il passaggio. Funziona e questa è la grande lezione dell’umorismo ebraico. Sull’orlo della ferocia verso se stessi cerchi di mostrare al carnefice quanto è ridicolo.
E’ una tecnica utilizzabile anche sulla Shoah?
“Ci sono state critiche su La Vita è Bella, ma non le ho mai capite. Benigni ha fatto un film dal suo punto di vista e non si può giudicarlo oggettivamente. E’ una rappresentazione. Se noi sappiamo che è solo il contributo di un’artista, capiamo che può piacere o non piacere. Nessuno si è sentito offeso da Benigni dopo la proiezione a cui ho assistito. Ho scritto un pezzo a suo favore sul Corriere della Sera. Il buffone, il comico deve morire? L’unica cosa che mi ha irritato è stato il finale, quando il carro armato era americano e non sovietico.”
Per le nuove generazioni
“Questi film sono un elemento di pietas che permette alle nuove generazioni di non rimanere pietrificate dal volto della Medusa, che sarebbe la vista vera di quanto è successo. Sono una sorta di schermi. Anche quella di Primo Levi è pietas. Ho accompagnato Liliana Segre a fare testimonianze agli studenti. L’hanno portata via a 13 anni e mezzo ed è tornata a 15. Vecchia. Solo una volta mi ha raccontato del suo ritorno. Abbiamo filmato un programma per la RAI al Binario 21, il binario della deportazione. Ho registrato una sorta di oratoria che ho fatto sul ‘Canto del popolo ebraico massacrato’ di Katzenelson. Liliana Segre è stata deportata da quel binario. Quando è tornata nessuno la riconosceva. I parenti la rifiutavano.
Nedo Fiano, deportato sopravvissuto ad Auschwitz, è venuto a un mio spettacolo ‘Il crepuscolo della madri’ ed ha visibilmente pianto. Mi aveva preso sempre in giro ma quella volta mi abbracciò. Lo avevano colpito due cose: la canzone ‘Mamma son tanto felice’ in Yiddish, che in America era cantata dalle Berry Sisters, e un attore anziano nel mio spettacolo che cantò ‘L’Amour’ dedicandolo sempre alla mamma e mostrando una foto di una madre fittizia al pubblico. Nedo mi confessò allora che si era salvato la vita cantando ‘Mamma son tanto felice’, perchè aveva una voce che ai nazisti piaceva.
L‘Amour” lo commosse perchè quando ci fu l’arrivo dei francesi nei Lager, dopo il rastrellamento del 1944, entrò nell’orchestra del lager un cantante francese. Queste due memorie hanno aperto in lui una sorta di liberazione.
Da queste testimonianze e reazioni ho capito che non capirò mai cosa è stato il lager.
Il nostro compito è di educare in modo che i giovani possano vedere i film quando sono già formati e hanno un punto di vista indipendente da quello del regista.”
Ulisse. Origine del nostro essere occidentali
Qui a New York presenti e leggi Dante all’Istituto Italiano di Cultura di New York. Cosa vuol dire per te?
“E’ un onore leggere Dante per me, è la perfezione in letteratura. L’episodio di Ulisse è poi importante per una ragione. Noi occidentali siamo buffi: quei versi sono all’origine del nostro essere occidentali. Ricordiamo Ulisse per il suo viaggio, per l’Odissea. Il pellegrinaggio che ci viene presentato come una sua condanna in realtà è il suo privilegio.
L’episodio tocca ad Ulisse perchè è l’unico personaggio intelligente, gli altri erano semibruti. Achille non avrebbe mai potuto affrontare l’odissea. Degli Achei Ulisse è l’unico che usa il cervello. La sua intelligenza lo porta anche a fare delle cattiverie ma anche a vincere la guerra, attraverso l’astuzia e l’intelligenza. Il suo destino è l’infinita peregrinazione attraverso cui ci manda un messaggio di conoscenza.
Dante scrive i primi versi su Ulisse descrivendolo come un uomo che non ce la fa a stare fermo, per quanto Itaca sia la dolce patria. L’uomo si muove, non ha pace. Dante è un esule costretto ma le virtu dell’esilio le conosce perchè le parole che dedica ad Ulisse sono belle in maniera sconvolgente. Il verso ‘Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtute e conoscenza’ ci indica che Ulisse è l’esatto opposto dei leghisti. I leghisti sono i bruti, sono i localisti estremi. Credo che il personaggio Ulisse riparta da Itaca anche per Omero, ma è Dante che lo descrive in maniera folgorante. Ulisse ha amori e incontri sconvolgenti con uomini e donne straniere. Oltre le colonne d’Ercole lui va a conoscere persone nuove.”
La lingua per accedere all’anima di un popolo
Quanto è importante conoscere le lingue?
“Non si abita un Paese ma si abita una lingua. Bisogna lasciarsi andare ad una lingua, non soffermarsi semplicemente alla grammatica e alla sintassi. E’ la lingua che ti permette di accedere all’anima di un popolo. Lo Yiddish non è stato perso nelle generazioni perchè è una lingua nata e vissuta per l’esilio. E’ un peccato che in America l’italiano si sia perso. Questa è una sorta di perversione che viene dal nazionalismo. Bisogna imparare più lingue per conoscere meglio anche la propria. Questo tipo di conoscenza riflette la bellezza monteplice dell’universale.”
Ma molti temono contaminazioni linguistiche…
“ Elias Canetti è cresciuto in una famiglia che parlava 4-5 lingue ed è diventato il più grande scrittore di lingua tedesca della sua generazione. Il pericolo di contaminazione è una stupidaggine, conoscere le lingue è importante. Le lingue sono come la musica, è una forma di ricchezza avere una conoscenza linguistica. Mi commuovo quando sento del tramandare delle conoscenze e delle lingue in Paesi stranieri. Giocare con l’elemento linguistico dovrebbe diventare un culto. Che un europeo sappia 6-7 lingue dovrebbe essere una cosa normale. Ai figli dei miei amici dico di imparare il cinese, perchè è complicato sì, ma fondamentale nel panorama moderno.”
Uso il teatro come strumento di ricerca nell’umanità fragile
Una lunghissima conversazione ma abbiamo parlato poco di teatro, ci dispiace…
“Attraverso il teatro cerco di comunicare emozioni, racconti, dimensioni politiche. Uso il teatro come strumento di ricerca nell’umanità fragile. Sto lavorando sullo spettacolo ‘Shylock’, il personaggio che mostra a Venezia che l’epoca cavalleresca è finita. Ho scoperto che il monologo ‘Se ci pungete non sanguiniamo’, originariamente concepito per dare voce all’ebreo sopravvissuto ai campi, è terrificante. In realtà potrebbe recitarlo anche un nazista ad un ebreo. Intuisce una cosa diabolica: che l’essere umano è universale e che il suo comportamento non elimina questo suo status. Oggi anche in Italia abbiamo una spinta forte a deumanizzare quello che viene da fuori: ancora oggi si cavalca il tema della diversità”
“L’universale nell’arte è immediato e da risultati immediati. Oggi i giovani ascoltano una musica che nasce da un mix di gospel, jazz, pop, rock. E’ una musica meticcia che tutti accolgono, i giovani di destra e di sinistra. Bisogna provocare i ragazzi oggi e metterli di fronte al diverso, devono avere il coraggio di confrontarsi. Bisogna stimolare anche la vergogna della posizione fascista di alcuni ragazzi oggi. Spesso denuncio la vigliaccheria dei nazisti. Dopo aver ucciso non prendono la responsabilità di quanto hanno fatto, piangono. I più coraggiosi si sono avvelenati.
Non abbiamo visto gente che ha detto ‘si va bene, l'ho fatto, ci credevo non mi importa nulla delle conseguenze, ammazzatemi pure! In realtà piagnucolavano tutti. Dove sono questi super uomini? Tutti hanno tentato di salvarsi la pelle, i più coraggiosi si sono avvelenati! Non uno che abbia mostrato grandezza nel male.
Liliana Segre racconta che all'ingresso dei sovietici il comandante dell'ultimo campo, avendo udito le mitragliatrici, si e messo in mutande davanti a lei e per la paura ha lasciato cadere la pistola...lei l'ha presa. Una ragazza di 15 anni avrebbe potuto ucciderlo, perché in canna, c'era un colpo, ma l'ha buttata via!
Mi riferì qualcosa di sconvolgente dicendo ‘Mille volte ancora vittima, piuttosto che una carnefice!’
Che grandezza! Il teatro permette di affrontare questi temi con tutti i sensori: l'intelligenza, l'emozioni, le viscere, lo smarrimento, la provocazione, i sentimenti, ad un certo punto nei miei spettacoli racconto una barzelletta su Khrushchev e dico che ‘questo che era veramente un riformatore che ha denunciato i crimini di Stalin. Non c'è un solo vigliacco di Occidentale che lo ricordi! Nessuno lo ricorda’, ed è vero chi ricorda Khrushchev? Mai nessuno! Non era certo una barzelletta denunziare i crimini di stato. La platea si impietrisce, si paralizza!”
Lasciamo Moni Ovadia sotto il nostro ufficio, sulla Quinta strada, dopo aver cercato insieme un taxi. Ci lascia con delle risposte ma anche con delle domande e soprattutto il fascino della cultura dell'esilio.
(Articolo realizzato grazie alla collaborazione di Marina Melchionda e Francesca Di Folco)
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