Il signor Luigi Lai suona un strumento le cui origini risalgono alla preistoria, le launeddas, al plurale perché è formato da tre canne. Luigi è originario della provincia di Cagliari, San Vito, è nato nel 1932 ed è considerato il miglior esecutore di launeddas attualmente in attività. Lui e le le launeddas sono l’esempio vivente di come tante tradizioni sono rimaste intatte nel tempo in Sardegna, un’isola, che viste le sue caratteristiche geografiche sembra destinata a “preservare”.
Abbiamo avuto la fortuna di conoscere Luigi durante un viaggio stampa in Sardegna e siamo rimasti colpiti dal ritmo straordinario delle note prodotte da uno strumento che potrebbe somigliare ad una cornamusa ma che tale non è perché non ha una sacca d’aria e al contrario funziona utilizzando la tecnica della respirazione circolare. In pratica sono gli stessi muscoli facciali che formano la sacca d’aria. Luigi ci confessa che suona questo strumento da una vita ma ancora non l’ha imparato del tutto. «Ci vuole tanto amore – dice – e dedizione». Il signor Lai parla in modo modesto, ma lui ha sulle spalle una pesante eredità: è il più importante depositario dell’arte di suonare questo strumento. È suo il compito di istruire le nuove generazioni per mantenere in vita questa tradizione millenaria.
Il nostro familiarity trip in Sardegna, insieme ad una trentina di altre persone tra giornalisti e operatori americani, è stato intervallato da momenti di antichità e di modernità assoluta. Siamo passati dal lusso dei grandi alberghi, soprattutto in Costa Smeralda, luogo cult per i vip italiani ed anche internazionali, al minimalismo delle aree interne dove il tempo sembra essersi fermato alle antiche civiltà contadine. Per dare un’idea della dimensione del tempo in questi luoghi, ad esempio nelle aree dove si trovano rovine di nuraghes (nuraghi con plurale italianizzato, ndr), basta pensare alla reazione avuta da Roberto Benigni e Massimo Troisi nel film Non ci resta che piangere. Pensate ad una pianura sconfinata dove sorgono torri in pietra di forma tronco conica risalenti al
II millennio A.C. [2] Queste torri furono il centro della vita sociale degli antichi sardi e diedero il nome alla loro civiltà, la
civiltà nuragica [3], una delle p
iù misteriose e meno conosciute del
Mediterraneo [4]. I nuraghi sono i monumenti
megalitici [5] più grandi e meglio conservati che si possano trovare oggi in
Europa [6] e sono unanimemente considerati come il simbolo più noto della
Sardegna [7]. Circa la loro funzione archeologi e storici sono più o meno concordi nel ritenere che essi fossero degli edifici a carattere civile-militare, destinati in particolare al controllo e alla difesa del territorio.
Per raccontare il mio viaggio in Sardegna occorrerebbe più di un articolo, e così senza nulla togliere a luoghi come Cagliari, dove bisogna assolutamente visitare la Cattedrale di Santa Maria Assunta, ed particolare la cripta che ha un soffitto mozzafiato, o anche la festa di Sant’Efisio, che viene celebrato ogni 1 maggio del 1656 con una processione spettacolare, ho scelto di soffermarmi sulla parte più selvaggia e tradizionale dell’isola. Nelle zone più intere, dove la parola globalizzazione ancora non è arrivata, si trovano a mio avviso, i paesini più interessanti, come Orroli, che ospita uno tra i più importanti nuraghi della Sardegna (nuraghe Arrabiu, ndr) e una delle due dighe del fiume Flumendosa. Oltre alla bellezza del paesaggio, troverete anche antiche case padronali convertire in musei e ristoranti, come Omuaxiu, che vi incolleranno alla tavola con prelibatezze tipiche della cucina sarda. Qui ho provato per la prima volta la fregola, una sorta di couscous sardo, ma di dimensioni più grandi.
Se il glamour della Costa Smeralda poco si addice alla vostra personalità, visitate San Pantaleo, frazione del Comune di Olbia, e anche lì troverete posti dove familiarizzarete con Bacco e, se esiste, anche con un Dio del cibo. Alla Trattoria Balbacana, tra le altre cose, si mangiano Chjusoni e Polcavru (gnocchi galluresi con ragù di cinghiale), Risottu di Polciu Casgiu e Limoni (risotto con ragù di maiale, formaggio e limone), Casgiu (formaggio), suppa gadduresa (zuppa gallurese).
La Sardegna non è il posto per mettersi a dieta, mangerete fino a stare male e paradossalmente non starete affatto male perché il cibo è ancora integro.
Il nostro tuffo nella natura prosegue in Barbagia, regione montuosa della
Sardegna [7] centrale che si estende sui fianchi del Massiccio del
Gennargentu [8], tra la provincia di Nuoro e la provincia dell’Ogliastra. Qui i paesaggi sono fantastici, quasi irreali, con fiumi sotterranei, gole e grand canyon e “disposti” in modo così perfetto da sembrare perennemente immortalati in una cartolina. In questa zona si possono fare molteplici attività, come trekking, tour in fuoristrada, canoa e moto quad. L’itinerario può compredere anche una tappa gastronomica (non rinunciateci!), con salumi, arrosti e formaggi preparati con maestria dalle mani esperte dei pastori, sapientemente accompagnati dai vini locali. Tutto questo lo potrete gustare nei pinnettos, le antiche capanne dei pastori, o negli stazzi galluresi, tipiche abitazioni della zona.
Chiudiamo parlandovi ancora di passato, di rovine che si affacciano sul mare. Siamo a Nora, un'antica città di fondazione
punica [9], capitale del popolo dei
Noritani [10]. È situata sul promontorio di Capo Pula, sulla costa meridionale della
Sardegna [7] ad ovest di
Cagliari [11], attualmente nel comune di
Pula [12]. All'epoca della conquista romana della
Sardegna [13] (
238 a.C. [14]) si trattava probabilmente della più importante città dell'isola, scelta inizialmente come capitale della
provincia romana [15] di
Sardegna e Corsica [16]. Anche qui il confronto con un’epoca remota è estremamente tangibile, mentre uno splendido mare, oltre ad arricchire la bellezza del paesaggio, è anche una perfetta musica di sottofondo.
La nostra settimana in Sardegna è purtroppo finita, e se qualcuno dovesse ancora dubitare di questo posto, vale la pena dire che i sardi sono un popolo di ultracentenari. Ma vista la qualità del cibo e della vita, non sorprende affatto e chissà che i turisti non possano ripartire portandosi a casa un po’ di élisir di lunga vita!
(Pubblicato su Oggi7 del 25/05/2008)