La raggiungiamo per chiederle qualche impressione sugli eventi che nell’ultimo periodo hanno portato alla luce in Italia fenomeni di intolleranza verso cittadini rumeni. Alessandra Farkas, corrispondente da New York del Corriere della Sera, parla con noi dal suo ufficio.
Abbiamo cercato lei per cominciare questo viaggio sulgi italiani e l'immigrazione e il rischio xenofobia, anche per la sua esperienza personale. L'ha raccontata efficacemente lei stessa in “Pranzo di famiglia” (Sperling & Kupfer 2006), un libro dedicato alla storia di suo padre e con lui di una intera generazione vittima delle persecuzioni naziste in Ungheria. Paolo Farkas, traumatizzato dalla violenza antisemita subita dalla sua famiglia (il padre morto ad Auschwitz, la madre uccisa per strada e il suo cadavere gettato nel Danubio), per riuscire a vivere rimosse il passato. Nascose la propria origine ebraica anche ai figli. Ma la svelò ad Alessandra, undicenne, che venne a conoscere così la tragica storia della famiglia Wolfnmer Farkas, influente dinastia mitteleuropea di editori.
“Ti dico che sono rattristata sia come giornalista che come persona. Sono rattristata, allarmata e preoccupata. Si tratta di episodi di razzismo bello e buono. E non vorrei ripetere delle cose che potrebbero apparire ovvie: anche gli italiani in America sono sati perseguitati e trattati come “neri-bianchi” - in modo veramente spaventoso. Discriminati, senza poter entrare nelle scuole, addirittura linciati. Che oggi anche un solo italiano si comporti così con gli immigrati mi da fastidio per memoria storica….”
Pensi dunque che i timori di un’ondata xenofoba che cresce in Italia siano fondati?
“Putroppo sì. Vedi, anche in America c’è razzismo. Ma è il razzismo di un gruppo contro l’altro per contendersi la stessa torta. Ebrei contro irlandesi, italiani contro neri, ispanici contro nuovi africani che arrivano. Sono certo tutti razzisti ed hanno un’ansietà socio-economica rispetto al segmento di popolazione che li precede, o li segue, e minaccia le loro conquiste. Ma la questione è meno meno razziale e più socio-economica.
A me pare invece che in Italia ci sia ancora la paura dello straniero. La xenofobia. E’ diverso. Esiste ancora il concetto di un'Italia degli italiani, che deve essere Bianca, Italiana e Cattolica, con i cognomi tutti italiani. Lo dice una che è cresciuta in Italia con un cognome che non è italiano. Mi facevano sentire diversa. Perchè hai la K nel nome e la K non esiste neanche nell’alfabeto italiano. Allora sei un diverso. Anche se sono italianissima, nata a Roma da madre romana. Però ho le stimmate dello straniero.
In Italia rimane questa dimensione, e soprattutto vedo poca assimilizione. Ci vado spessissimo, e c’è una una cosa che mi rattrista. Quest'estate sono stata al mare, ad esempio, e sulle spiagge si vedono solo italiani. I pochi neri sono babysitter che accompagnano i ricchi … Poi non vedi vivere gli immigrati insieme agli italiani. Sono tutti a sgobbare nelle cucine, a fare le colf… Non esiste integrazione, non li vedi nei ristoranti per esempio: se ci sono, non siedono ai tavoli ma ti servono da mangiare. Ce ne è di strada da fare…”
Pensi che chi vive in Italia non si renda conto di quello che stai dicendo? Che gli occhi di chi viene dall’estero riescano a vedere di più...?
“Forse si. Vai in Italia e ti sembra di stare in un paese completamente segregato. Gli stranieri sono segregati, vivono in quartieri per stranieri, mangiano in locali per stranieri, non frequentano posti italiani. Non è giusto, questa è gente che sta anche prendendo la cittadinanza, sgobba e sta dando tanto all’Italia. E’ ora di riconoscerli. Ma a me pare che agli italiani vada benssimo lo straniero fino a quando fa la colf da quattro lire, mestieri umili, il servo che ti pulisce il sedere… E sono sono stupita che questo capiti in Italia. Non dovrebbe succedere… Secondo me bisognerebbe ricordarsi che siamo tutti emigranti. Non siamo nati tutti ricchi, con il cucchiaino d’argento.”
Ma abbiamo un'Italia che non sa più accogliere, secondo te…
"Ricordo quello che raccontava mio padre. Quando è venuto in Italia faceva la fame, aveva100 dollari in tasca ed era orfano. E l’Italia di allora era poverissima, ma gli ha aperto completamente le braccia. E va detto che anche gli italoamericani che sono venuti qui negli USA non hanno trovato solo ostilità. Tutto sommato gli italiani possono ringraziare qualcuno che li ha aiutati ad inserirsi in America; e lo stesso vale per i profughi ebrei dopo la Guerra."
E cosa è cambiato da allora?
“Penso che più si diventa ricchi e più si diventa egoisti. Ho dei racconti antichi di una Roma povera dove un sacco di gente ti aiutava. L’aneddotica si spreca. Si mangiava tutti poco, ma si divideva sempre un piatto con gli altri. Non voglio fare la prosopea da film neorealista… era l’Italia di allora, e non si tratta di fare sentimentalismo da libro Cuore. Purtoppo adesso tutti si rinchiudono nelle loro case eleganti, riscaldate e … l’ immigrato rimane fuori. Mi sembra molto egoista l’Italia questo momento…”
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